BY ELON PERRY
Il 12 maggio, Israele ha ricevuto informazioni sulla posizione di quattro ostaggi nell’area del campo profughi di Nuseirat, nella Striscia di Gaza.
Da quel giorno in poi, ogni ramo dell’intelligence israeliana si concentrò sull’area 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per individuarne la posizione esatta.
Una squadra di “Mista’arvim” sotto copertura (unità che si assimilano alle popolazioni locali per raccogliere informazioni) è stata inviata lì, principalmente nel mercato locale di Nuseirat.
Il loro ruolo non era solo quello di raccogliere informazioni dalla gente del posto, ma anche di verificare le notizie emerse dagli interrogatori dei terroristi catturati. Inoltre, altri ragguagli sono stati raccolti mediante l’osservazione aerea e altri mezzi tecnologici sofisticati.
Dopo 19 giorni di intenso lavoro cooperativo di raccolta di dati, le unità combinate sono riuscite a raccogliere informazioni solide e accurate sulla posizione degli ostaggi israeliani.
Si è scoperto che erano tenuti in due edifici separati nella stessa zona.
Noa Argamani era prigioniera al primo piano di unna palazzina e altri tre ostaggi erano in un altro edificio, a 800 metri di distanza, ma al terzo piano.
All’inizio di giugno, queste informazioni furono portate al Gabinetto di Guerra e al Capo di Stato Maggiore dell’IDF e al capo dello Shin Bet che richiesero la presentazione un piano di salvataggio. Anche l’Intelligence è stata tenuta all’oscuro del piano.
Persino le altre forze israeliane operative in campo a Gaza, compresi gli alti comandanti , non ne furono informati.
Mentre il Gabinetto di Guerra discuteva le opzioni, iniziarono i preparativi e l’addestramento per l’operazione.
Per verificare finalmente le informazioni e preparare il terreno per il blitz, un’altra squadra di soldati sotto copertura (tra cui diverse donne vestite con hijab e lunghi abiti neri) è stata inviata nel campo profughi di Nuseirat.
Fingendo di essere due famiglie di Gaza in cerca di una grande casa a Nuseirat, sono arrivate a bordo di due vecchie auto dall’aspetto scadente, cariche di oggetti domestici caratteristici di quelle famiglie sfollate nella Striscia, come materassi e vestiti identici a quelli della gente del posto.
Quando i residenti di Nuseirat Camp hanno chiesto agli agenti sotto copertura da dove venissero e cosa stessero cercando di fare li’, hanno risposto che erano fuggiti da Rafah a causa dei “bombardamenti mortali dell’esercito israeliano” e hanno deciso di affittare una casa nell’area di Nuseirat. Poi hanno indicato l’edificio dove era detenuta Noa Argamani.
Hanno quindi mostrato a uno del posto una grande quantità di contanti e si sono offerti di pagare tre volte la tariffa corrente per l’affitto. il tizio ha accettato di aiutarli e nel giro di tre ore ha trovato una grande casa proprio sulla strada dove era prigioniera Argamani. Questo appartamento era a soli 800 metri da dove erano tenuti gli altri tre ostaggi.
Pochi giornidopo essersi sistemati e aver conosciuto la zona, facendo anche acquisti al mercato locale, e aver capito che non destavano sospetti, gli agenti sotto copertura hanno iniziato la loro missione: verificare il luogo in cui erano segregati gli ostaggi.
Si sono divisi in due squadre.
Una squadra era composta da due commandos, un uomo vestito come un tipico locale di Gaza e una donna vestita con un lungo abito nero e hijab. Hanno iniziato a camminare lungo la strada verso il centro medico “Al-Auda” dove, in un vicino edificio residenziale a 200 metri dall’ospedale, era l’ostaggio Noa Argamani. Gli agenti infiltrati camminavano con totale sicurezza e naturalezza come se stessero per una strada a Tel Aviv. Per aumentare la loro autenticità, si fermavano di tanto in tanto davanti alle bancarelle lungo i lati della strada del souk, interessandosi alla mercanzia esposta e lamentandosi della difficile situazione a Gaza.
Il tutto parlando un arabo fluente con un perfetto accento di Gaza.
Dietro di loro camminavano altri quattro uomini sotto copertura, armati per fornire supporto nel caso in cui si fosse verificata una situazione “simile a Fauda” (Fauda in arabo significa caos inaspettato).
La seconda squadra invece, era composta da quattro donne dei reparti speciali, vestite come tipiche donne arabe (una fingeva di essere incinta) che trasportavano sacchetti di plastica pieni di prodotti alimentari e verdure. Si sono incamminate in due coppie (una giovane donna musulmana non può passeggiare da sola) verso un vicino edificio residenziale, dove, al terzo piano, erano tenuti i tre ostaggi maschi.
Dietro di loro seguivano altri quattro uomini travestiti da palestinesi, armati per dare loro sostegno.
Nel frattempo altri cinque membri della squadra sono rimasti nella casa per sorvegliarla e assicurarsi che le due unita’ non fossero state smascherate e che nessuna brutta sorpresa li attendesse.
Tre ore dopo, all’orario prestabilito, i due gruppi sono tornati alla base e hanno iniziato a elaborare le informazioni ottenute.
E’ stato confermato chei quattro ostaggi erano trattenuti in due case diverse di famiglie di Gaza. Il Comandante in capo ha confermato a Israele che le due posizioni erano corrette.
ll Gabinetto di guerra ha deciso di agire.
Ventotto combattenti dello “Yamam”, un’unità di commandos specializzata nella lotta ai terroristi e nel salvataggio degli ostaggi, hanno iniziato l’addestramento su due modelli appositamente costruiti che replicavano i due edifici in cui erano tenuti gli ostaggi.
Dopo tre giorni di addestramento, il Comandante del gruppo ha informato il Capo di Stato Maggiore dell’IDF, Herzi Halevi, che ha poi informato il Ministro della Difesa, Yoav Gallant, che erano pronti a eseguire l’operazione. Dopo che anche il primo ministro Netanyahu viene informato e da l’autorizzazione di avviare l’operazione, questa ha potuto procedere.
Giovedì notte, 5 giugno, agli agenti sotto copertura è stato ordinato di lasciare l’area del campo profughi di Nuseirat senza destare sospetti, anche se quattro sono rimasti a tenere d’occhio gli edifici per assicurarsi che gli ostaggi non fossero trasferiti in un altro luogo.
Solo in quel momento gli alti comandanti israeliani e gli altri membri del governo vengono informati dell’operazione.
Venerdì mattina, 6 giugno, i 28 commandos dell’unità “Yamam” hanno iniziato a dirigersi in due squadre verso i due edifici del campo profughi di Nuseirat.
Per mantenere il più possibile l’elemento sorpresa, i combattenti dell’unità viaggiarono nascosti in due camion.
Poco prima delle 11 i commando sono arrivati con tempismo perfetto sui due obiettivi e hanno atteso l’ordine di attaccare.
Le osservazioni e le misure di sorveglianza tecnologica degli aerei dell’IDF hanno riferito che l’area era “pulita”, senza movimenti sospetti vicino ai due edifici.
Le informazioni e la copertura in diretta dei vicoli e della strada lunga 800 metri che separava i due edifici presi di mira sono state trasmesse sugli schermi di due Sale di Comando e Controllo in Israele da cui l’operazione veniva supervisionata.
Alle 11 in punto i commandos hanno ricevuto l’ordine di procedere e hanno preso d’assalto entrambi gli edifici contemporaneamente e in pieno coordinamento, per evitare che i terroristi mettessero in pericolo gli ostaggi e l’intera operazione.
I soldati israeliani hanno eliminato i terroristi che sorvegliavano Noa Argamani e nel giro di sei minuti l’hanno salvata illesa dall’appartamento.
L’hanno poi portata su un elicottero in attesa, che l’ha immediatamente riportata in Israele.
Ma mentre il salvataggio di Argamani è andato liscio, il compito di salvare gli altri tre ostaggi al terzo piano del secondo edificio si è complicato.
Sono stati trattenuti a casa del dottor Ahmed al-Jamal, un medico e attivista di Hamas. Nell’appartamento alloggiava anche suo figlio, Abdullah, un giornalista che aveva scritto per Al-Jazeera .
Alcuni commando hanno utilizzato una scala per entrare direttamente nella stanza dove erano tenuti i tre ostaggi.
Ciò ha coinciso con l’ingresso del resto delle forze che entrate dall’ingresso principale dell’edificio.
Ma la squadra del comandante Arnon Zamora, che ha fatto irruzione nell’appartamento alla testa delle forze, ha incontrato un massiccio fuoco da parte di una trentina di terroristi di Hamas nell’appartamento.
Hanno sparato con mitragliatrici, lanciato granate e alcuni hanno persino lanciato missili granata contro gli israeliani sorpresi. .
È così che è stato ucciso Arnon Zamora.
Il fatto della presenza di 30 terroristi nell’appartamento non era noto alle squadre sotto copertura che avevano riferito a Israele le informazioni sulla posizione degli ostaggi. Si presume che i terroristi siano arrivati all’appartamento solo quella mattina o la sera prima, per rafforzare la sorveglianza dei tre ostaggi.
Tuttavia, gli esperti combattenti del commando israeliano non si sono lasciati scoraggiare dalla sorpresa mortale e hanno continuato a combattere i terroristi di Hamas con determinazione a distanza ravvicinata, insieme agli altri combattenti che aspettavano fuori dall’appartamento.
Durante la battaglia i tre ostaggi si sono nascosti nel bagno dell’appartamento, protetti da diversi militari israeliani.
Non c’era modo di lasciare l’appartamento a causa dei massicci colpi di arma da fuoco inaspettati che avrebbero potuto mettere in pericolo gli ostaggi.
Dopo un lungo scontro faccia a faccia, i commandos israeliani riuscono a eliminare tutti i terroristi presenti nell’appartamento. Ma durante gli spari di decine di pistole all’interno di un bilocale affollato, Arnon Zamora è stato colpito ed è caduto a terra sanguinante, mentre tre infermieri e un medico si chinavano su di lui, sotto il fuoco pesante, cercando di salvargli la vita.
Nel frattempo, decine di terroristi sono emersi dai tunnel attorno all’edificio e hanno iniziato a sparare contro le truppe liberatrici con mitragliatrici e missili RPG.
Gli israeliani hanno iniziato a uscire dall’edificio (molti di loro trasportavano Arnon Zamora su una barella), correndo attraverso vicoli pieni di fumo e il vicino mercato affollato da migliaia di abitanti di Gaza che non avrebbero esitato a linciarli.
Le forze israeliane hanno cercato, sotto il fuoco costante, di raggiungere il veicolo di soccorso che li aspettava, ma è stato colpito da due missili RPG.
Il comandante dell’operazione in Israele ha quindi attivato il “Piano B”, il piano di salvataggio preparato in anticipo: un’audace operazione sotto il fuoco nemico massiccio e molto ravvicinato, coperta dal fuoco israeliano da terra, mare e aria.
Con l’aiuto dei carri armati, centinaia di soldati (delle brigate di fanteria Golani e Givati e dei paracadutisti) hanno fatto irruzione a piedi nel campo profughi, combattendo faccia a faccia con i terroristi di Hamas mentre le navi della marina li coprivano da ovest e gli elicotteri dell’aeronautica. da est.
Il fuoco aereo ha colpito i terroristi a soli dieci metri dai soldati israeliani.
I rinforzi e l’aeronautica militare sono riusciti a isolare la scena della battaglia, fornendo una via di fuga sicura al grosso delle forze che scortavano i tre ostaggi.
Al termine di uno scontro estenuante e continuo, le forze speciali israeliane hanno eliminato tutte le minacce armate presenti nell’arena del combattimento.
Hamas sostiene che durante l’operazione di salvataggio nelle strade affollate del campo profughi sono stati uccisi 274 palestinesi. Tuttavia, l’IDF afferma che 104 palestinesi sono stati uccisi o feriti, tutti terroristi di Hamas o civili armati che collaboravano con l’organizzazione terroristica.
Dopo la battaglia, i tre rapiti (che avevano mantenuto la calma per tutto il tempo) sono stati condotti dai combattenti su uno degli elicotteri che li aspettavano e li hanno portati in Israele.
Nel frattempo gli aerei dell’aeronautica bombardarono l’edificio che crollò in pochi secondi.
I soldati delle forze speciali sono poi saliti a bordo degli altri due elicotteri che sono decollati in Israele.
I tentativi di rianimare Arnon Zamora sono continuati durante il breve volo, ma è stato dichiarato morto all’arrivo in ospedale.
Elon Perry è un giornalista ed ex commando della Brigata Golani dell’IDF