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Trump non ha vinto

John Fetterman vince il seggio al Senato in Pennsylvania, dove John Shapiro riesce a battere Doug Mastriano, un cospirazionista del 6 gennaio, nella corsa da governatore. Il famoso JD Vance, scrittore anti trumpiano poi convertitosi, si è imposto in Ohio.Autore Giulio Silvano 09 nov 2022 ilfoglio.it

Si sta ancora contando in America per le elezioni del Congresso, del Senato e di alcuni governatori. Il Partito repubblicano riconquisterà la maggioranza alla Camera, ma l'”onda rossa” che s’aspettavano i trumpiani non c’è stata e anzi alcuni candidati del Maga hanno ricevuto brutte sconfitte.

Non c’è stata la red wave, l’ondata di voti repubblicani che Donald Trump, i quadri del Partito repubblicano e parte dei democratici – compreso il presidente Joe Biden – si aspettavano. Il Partito repubblicano era certo di guadagnare almeno 60 seggi alla Camera, mentre ora si parla di una ventina. Servono 218 deputati per controllare la Camera e 51 senatori perché i repubblicani possano controllare il Senato.

 

 

 

 

Gran parte degli scontri sono arrivati molto vicini, a volte la distanza è stata di poche migliaia di voti, e in molti distretti vinti da Joe Biden nel 2020 i democratici hanno aumentato il consenso. I margini di distanza per i democratici, rispetto al 2020, spesso si sono ridotti. In certe zone i dem si sono ripresi alcuni seggi persi negli anni di Trump. Quello di Abigail Spanberger in Virginia, per esempio, era tra i distretti che il GoP pensava di potersi prendere, cosa che non è successa, così come alcuni dell’Ohio, del Kansas e del Rhode Island. In certi casi i democratici sono stati favoriti dalla riorganizzazione dei confini dei distretti avvenuta dopo l’ultimo censimento. In Pennsylvania, lo stato più in bilico di tutti, ha vinto il democratico John Fetterman, spinto molto da Barack Obama nelle ultime settimane. In Arizona, un altro stato dove la battaglia è stata più sentita, il senatore dem ex astronauta Mark Kelly, ha retto con numeri inaspettati contro il giovane del tech, il nazionalista Blake Masters.

 

 

 

Nessuna sorpresa in Florida, dove Marco Rubio e Ron DeSantis hanno vinto rispettivamente la gara senatoriale e governatoriale. I due, tirati fuori spesso come eventuali futuri candidati alla presidenza, festeggiano, perché se Trump non ne esce bene, loro potrebbero sfruttare questa sua debolezza per prendere il controllo del partito. Erano entrambi diventati due trumpiani di convenienza, ma dopo i numeri di ieri notte, potrebbero iniziare ad allontanarsene. Boldec in Ohio, Zenden sono altri due che negano la legittimità di Biden e questo potrebbe dare un segnale contro i cospirazionisti e gli esaltati del 6 gennaio. Kari Lake ha costruito la sua campagna contro i media e sul fatto che le elezioni del 2020 siano state rubate dai dem e la paura è che, dovesse perdere, non concederà la vittoria agli avversarsi.

 

Tra i grandi sconfitti democratici ci sono Beto O’Rourke, candidato governatore del Texas ed ex enfant prodige dei dem, e Tim Ryan, sconfitto da J.D. Vance, diventato trumpiano ma suo vecchio critico. Tra le vittorie democratiche va sottolineata quella di Josh Shapiro, diventato governatore della Pennsylvania, contro uno dei candidati più estremisti, Doug Mastriano, anti semita che partecipò all’attacco a Capitol Hill. Non sono andati male i quasi-socialisti: forse la s-word non spaventa più l’America. Mandela Barnes è rimasto solo due punti indietro nella corsa senatoriale del Wisconsin, dopo esser stato attaccato per esser troppo radicale. E anche Summer Lee, millennial appoggiata da Bernie Sanders, è stata eletta alla Camera. Maxwell Frost, ex attivista per la Palestina, è diventato il primo deputato della gen Z.

Probabilmente i repubblicani pensavano che gli indipendenti e gli indecisi, per via dell’inflazione e della bassa approvazione di Biden, sarebbero passati con i repubblicani. Va considerato anche il voto dei giovani – sono stati visti moltissimi universitari in coda nei seggi – visto che l’Amministrazione Biden è stata molto attenta ai temi che piacciono agli under35: marijuana, clima, aborto e cancellazione del debito universitario.

Se queste midterm venivano viste, cosa che succede ogni due anni, come un referendum sul presidente in carica, Joe Biden, questa volta sono state anche, e forse soprattutto, un referendum su Trump. Invece di una rivincita dopo la sconfitta di due anni fa, Trump è stato penalizzato in molte zone del paese e con lui i suoi candidati estremisti. È raro che gli ex presidenti abbiano tanta visibilità nel gioco elettorale, non avendo alcuna posizione ufficiale istituzionale; questo invece di un vantaggio è stato per Trump un impedimento. Anche se si perde la Camera, Biden può comunque tirare un sospiro di sollievo, perché nella storia recente è uno dei presidenti che ha tenuto di più i numeri rispetto a quando è entrato alla Casa Bianca. La mappa non è cambiata molto, ma rimane, in certi luoghi con delle percentuali spaventose, un divario notevole tra le città, tendenzialmente democratiche, e le aree rurali, che hanno votato in maggioranza repubblicana. “Qualsiasi sarà il risultato i democratici rispetteranno il voto”. Lo ha detto la Speaker della Camera Nancy Pelosi. Bisogna vedere se succederà il contrario.

FONTE Giulio Silvano ilfoglio.it

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ilfoglio.it
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