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Italia

L’inflazione ha colpito maggiormente le famiglie ‘povere’

l 2018 si è chiuso con un +1,2% dei prezzi medio, in linea con l'anno prima. Ma nel 20% di nuclei meno abbienti, i rincari hanno pesato per un +1,5% contro il +1,1% delle famiglie più agiate

Il caro-prezzi colpisce soprattutto le famiglie più povere: nel 2018, l’inflazione per questa fetta della popolazione ha registrato un valore dell’1,5%, contro l’1,1% ‘percepito’ dai nuclei più abbienti.

Il caso delle famiglie meno abbienti

Questa diversa gradazione dei rincari emerge da un’analisi dell’Istat, pubblicata nell’ambito dei dati definitivi sull’andamento dei prezzi lo scorso anno. Dall’approfondimento degli statistici emerge che nella media dell’anno, per il 20% delle famiglie con la minore capacità di spesa l’inflazione ha segnato un’accelerazione rispetto ai valori del 2017: è passata dall’1,4 all’1,5 per cento. Diverso l’andamento, se si va a osservare quanto accaduto nel 20% delle famiglie più abbienti: in questa fetta più ‘ricca’ della popolazione, l’inflazione è scesa a +1,1%, dall’1,3% che si registrava nel 2017.

Perché questa differenza? Gli statistici rintracciano la ragione nell’accelerazione registrata dai prezzi dell’energia, che hanno una incidenza maggiore sul bilancio delle famiglie che spendono meno (e sono generalmente meno abbienti). Stesso discorso per gli alimentari. Di contro, hanno frenato i rincari per i servizi, in particolare per i trasporti, che pesano maggiormente sul bilancio delle famiglie che hanno spese più elevate. L’effetto è che il “differenziale inflazionistico”, ovvero la forbice tra i diversi andamenti dei prezzi registrati nei due gruppi, è salito. Di conseguenza, anche il potere d’acquisto subisce ripercussioni differenti a seconda della fascia di appartenenza, con una dinamica dei prezzi che penalizza maggiormente chi è già in difficoltà.

Dati generali: anno stabile, rallentamento finale

Al di là dell’approfondimento sulle famiglie, nel 2018 i prezzi al consumo registrano una crescita dell’1,2%, replicando la dinamica annua del 2017:così l’Istat conferma le stime preliminari sull’inflazione. L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, è stabile a +0,7%.

Nel solo mese di dicembre, l’inflazione segna un rallentamento scendendo all’1,1% rispetto all’1,6% di novembre. A spiegare questa significativa frenata sono i Beni energetici non regolamentati (i cui prezzi decelerano da +7,8% a +2,6%), insieme ai prezzi dei Beni alimentari lavorati (da +1,1% a +0,5%) e dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,0% a +0,6%).

Commentando i dati, gli statistici annotano come il rallentamento dei prezzi nell’ultimo mese dell’anno confermi “un quadro di oscillazioni dell’inflazione largamente condizionato dall’andamento dei prezzi dei Beni energetici. Sono infatti gli Energetici non regolamentati (combustibili per l’abitazione e carburanti) a spiegare per lo più la frenata della crescita dei prezzi al consumo. Analogamente, in media annua, quasi metà dell’inflazione del 2018 è dovuta ai Beni energetici nel loro complesso, al netto dei quali i prezzi al consumo sono aumentati dell’1,0% nel 2017 e dello 0,7% nel 2018”.

Nel rendere i dati definitivi, l’Istituto ha rivisto al ribasso le stime sull’andamento dei prezzi del cosiddetto carrello della spesa di dicembre. Per i prodotti di largo consumo, la crescita dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona da +0,9% di novembre si porta a +0,7% (la stima preliminare era +0,8%). Nell’intero anno i rincari medi di questi acquisti sono dell’1,2%, in linea con il tasso di inflazione generale del 2018 e in frenata rispetto al +1,5% del 2017.

 

fonte repubblica.it

Fonte di notizie
repubblica.it
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